Buon sabato, ragazze.
Oggi vi racconto di una mia lettura di qualche
settimana fa, ma non mi perderò in chiacchiere e tantomeno farò una lunga
recensione. Credo che “Mi sei capitata per caso” di Diana Malaspina meriti più di
essere letto che commentato. Ad essere sincera, inizialmente la sinossi non mi
aveva detto granché, ma sono bastate poche pagine per capire che, invece, ne
valeva la pena. E questo, col senno di poi, a partire dal titolo. Ad esser capitata per caso è la gravidanza
di Pamela, giovane ricercatrice bolognese, all’ultimo anno di Dottorato. E con
gravidanza intendo proprio lo stato biologico per cui una donna si trova a portare in grembo un minuscolo essere
vivente.
Perché per Pami, inizialmente, la maternità si riduce a questo. Per
giorni, e oserei dire per qualche mese, la sua mente resta in stand by
sull’argomento. A testimonianza che non per tutte un figlio è una benedizione e
che spesso la trattazione romantica e idilliaca della questione non risponde
alla realtà dei fatti. Lei, comunque, è una tipa tosta, determinata, una nerd
di professione e un topo di laboratorio per passione. Forse un tantino acida, a
volte apparentemente fredda e scostante, ma comunque una che sa il fatto suo. Non
perde tempo e liquida con poche parole il co-responsabile della questione
(peraltro ben lieto di potersi avvalere della facoltà di non partecipare). La
trama del romanzo è incentrata sostanzialmente sul suo fantastico viaggio del
divenire madre. Ovvero quel particolare e unico cammino che la porterà a sentire la sua bambina, ad accoglierla,
ad amarla. Un percorso tutt’altro che semplice, spesso contrassegnato da paure,
dubbi, titubanze e senso di inadeguatezza. Perché questa volta il desiderio di
un figlio non c’era e il momento non è di quelli da segnare di rosa sul
calendario. Con la schiettezza e l’umorismo che la contraddistinguono, Pamela riesce
a trascinarci nel difficile mondo dei lavoratori precari, reso ancor più cupo
dalla responsabilità di una maternità non cercata. La cosa direi sorprendente è
la notevole dose di ironia e sarcasmo con cui il tutto viene trattato. Senza
filtri, senza mezzi termini, Pamela si fa portavoce di chi accetta il caso ma non lo ama necessariamente
subito.
Ci dimostra che i tempi fisiologici non vanno a braccetto con quelli
psichici ed emotivi. Ciascuno di noi ha i suoi e soprattutto possiede una
propria maniera di elaborare e accogliere gli avvenimenti. Anche i più
inaspettati e, talvolta inconcepibili, come la perdita del posto di lavoro e la
necessità di rientrare tra le mura familiari, per ovvie ragioni di sopravvivenza. Così, forse per la prima volta in vita
mia, dopo aver sgranato gli occhi ed aver ritenuto Pamela carente di sentimenti
materni e troppo cinica, ho fatto con piacere marcia indietro. E mi sono goduta
la sua quotidianità, descritta in modo affatto realistico. Più volte ho avuto
la sensazione di essere lì, al “Nom de plume”, il fantastico bar di Carmen, con
Pami e Sabrina, davanti a una fetta di torta o un panino, a gustarci la vista
dei muratori bolognesi. O a passeggio con Riccioli d’Oro, la sua incredibile
mamma, o in giardino con il papà rompiscatole. E mi sono concessa di
sbellicarmi dal ridere di fronte a chi, pur essendo il padre biologico della
bimba, non veniva riscattato neppure nell’ultima pagina, restando per tutta la
durata del romanzo un idiota, un imbecille, un pirla. E ho amato il fatto che
nel romanzo ci fossero appunto manovali, bariste e dottorandi. Non manager di
successo, modelle strafighe o nobili di corte.
Di lavoratori si parla e proprio
di uno di essi si innamorerà Pamela. Di lui, Flavio, vi dico solo che mi sono
innamorata pure io. Per caso. E senza speranza. Perché un uomo così, coraggioso
nei sentimenti e limpido nelle emozioni, sicuramente, non è di questo mondo. Concludo
brevemente. Diana Malaparte e Pamela mi hanno letteralmente spiazzata. Hanno trattato
un argomento delicato e controverso demolendo luoghi comuni e sciocchi cliché.
Mi hanno divertita con un punto di vista insolito e per me del tutto nuovo.
L’ironia e il sarcasmo come ancore di salvezza. La tenerezza e il romanticismo
come sfondo ad una storia, a dispetto di tutto, allegra e con immancabile lieto
fine.
Un saluto, Francesca
Bello |
Qui trovate il romanzo!!
Ho trovato questa recensione per caso e quasi mi sono messa a piangere per la commozione. Non ci conosciamo ma leggendo le tue parole ho avuto quasi la sensazione che tu mi abbia davvero "vista" tra le parole del mio libro. Non so come ringraziarti per questa recensione bellissima che ti sei presa il tempo di scrivere, per non aver liquidato la "mancanza di sentimento materno" di Pamela ma esserti fermata un secondo a riflettere senza giudicare, per aver apprezzato la semplicità della vita quotidiana descritta e la realtà che esiste per tante donne, nonostante la società molto spesso ci voglia dire che è sbagliato non amare incondizionatamente i figli dal primo istante in cui iniziano ad esistere dentro di noi: il fatto che a volte ci voglia tempo per iniziare ad amarli non significa che poi li si ami di meno. Grazie davvero!
RispondiEliminaDiana, grazie a te per avermi letta. Semplicemente ho scritto quello che realmente sei riuscita a passarmi. Un abbraccio
EliminaDiana, grazie a te per avermi letta. Semplicemente ho scritto quello che realmente sei riuscita a passarmi. Un abbraccio
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RispondiEliminaQuanto mi è piaciuto questo libro, è semplicemente delizioso.
RispondiEliminaPami è uno spasso, e Flavio...bè Flavio è meraviglioso :D
Complimenti perché è scritto davvero bene, stile fresco, fluido, accattivante e divertente.